Nella puntata precedente dell’intervista di fine anno con Don Nino Borsci, eravamo rimasti alla necessità di ampliare ancor di più il rapporto d’interlocuzione tra la Caritas Diocesana e le parrocchie della Diocesi, con l’istituzione dei gruppi parrocchiali della Caritas, laddove ancora mancano e con quella di rendere ancora più intenso il dialogo laddove invece esistono e sono operanti. Non c’è ovviamente soltanto questa necessità nella diuturna azione pedagogica della Caritas ma, decisamente, questa dell’incremento del dialogo all’interno della Diocesi sembra sia la “condicio sine qua non” per rendere più efficace l’azione sinergica per il perseguimento del bene comune della Carità verso le fasce più deboli del nostro tessuto sociale.
Avevamo anche toccato il tasto della necessità impellente di concordare, finalmente, un’azione sinergica tra istituzioni religiose e quelle pubbliche, in particolare per venire incontro alle esigenze della vita quotidiana degli anziani più poveri. Un segmento di popolazione che si amplia sempre di più, anche a causa del ben noto dissesto e del vertiginoso aumento del costo della vita.
Due aspetti della stessa medaglia, due concause del nostro territorio.
E’ un dialogo, però, difficile nel nostro contesto. Un dialogo, invece, che dovrebbe trovare terreno fertile tra due istituzioni che sono deputate a perseguire il bene comune.
Don Nino ha qualche suggerimento in proposito.
“Il problema degli anziani soli, dei senza tetto e dei senza fissa dimora sta assumendo, sempre più, grande rilevanza nel nostro territorio. Precedentemente abbiamo detto che noi della Caritas non dovremmo ospitare sempre le stesse persone al Centro di Accoglienza notturna perché altrimenti diventerebbe (anzi già lo è) un’ospitalità permanente e ci impedirebbe di accogliere altri bisognosi. Sarebbe auspicabile, invece, che l’Ente pubblico predisponesse l’apertura di altre case per anziani bisognosi a costi molto contenuti per gli stessi.
Così finalmente noi ci preoccuperemmo solo dell’emergenza. D’altronde ci sono anziani che hanno anche maturato l’età pensionabile e che, con il contributo economico di qualche familiare, potrebbero trovare ospitalità nelle strutture succitate.
Cito, per esempio, il caso di una signora nostra ospite “abituale” che, anche a causa di varie sofferenze fisiche, è costretta a ricoverarsi in ospedale frequentemente. L’ospedale, però, può tenerla in cura ed osservazione solo per un tempo molto limitato, per cui è costretta, poi, a tornare nel nostro Centro. Noi abbiamo interessato anche gli amici “avvocati di strada” che si stanno occupando del caso tentando di sollecitare i figli a farsi carico delle necessità della propria madre. Questo è un caso come tanti.”
A questo punto debbo chiederle come sono i rapporti con la nuova Amministrazione comunale in virtù di queste necessità di grave disagio sociale?
“Finora solo sul piano degli intenti. In concreto ancora niente. Siamo, però, sempre fiduciosi.
Aspettiamo l’intervento per lavori urgenti di manutenzione al Centro di Accoglienza.
Il Comune ha voluto gli incartamenti relativi alla sua gestione. Aspettiamo ancora segnali concreti. Ho chiesto di risolvere una volta per tutte il problema delle 3 famiglie di sfrattati che sono state alloggiate al 1° piano ormai da tempo immemore. Due di queste hanno trovato altri alloggi ma hanno indebitamente messo addirittura il lucchetto a quelle del Centro, come se fossero i proprietari. Il progetto per gli immigrati è fermo, causa dissesto. Aspettiamo che si possa riprendere. Aspettiamo, aspettiamo! Aspettiamo sempre!”.
Toni Cappuccio