Carissimi fratelli e sorelle,
all’inizio della Quaresima vi offro qualche mio pensiero che accompagni la riflessione e il cammino spirituale di questo periodo particolarmente intenso e fecondo.
Ho letto una volta una frase che diceva pressappoco così: non può esserci un vero amore senza un viaggio. L’amore per il Signore è vero se ci mette in cammino, se risponde all’esigenza di partire per il Vangelo. Il cammino nel deserto del popolo d’Israele, abbondantemente evocato nel messaggio che papa Francesco ha voluto inviare a tutta la Chiesa, è l’immagine originale del nostro percorso quaresimale. È un viaggio rischioso ed impervio che alle spalle si lascia una condizione di schiavitù e che ha di fronte a sé una terra promessa, ma ignota. Il deserto è la condizione necessaria per l’ascolto della Parola di Dio. È terra arida e ingenerosa sulla quale ingaggiare il combattimento della fede affinché il cuore si apra fiducioso a Dio, si abbandoni alla Provvidenza e rinneghi gli idoli, affinché venga nutrito solo da Dio e da Lui dissetato, si allontani dai rimpianti del passato e cammini sorretto dalla speranza. Il deserto è palestra di libertà nell’alleanza dei comandamenti, dove si impara a discernere fra il bene e il male. Gli israeliti, schiavi in Egitto, nel deserto assumono veramente la conformazione di un popolo e imparano a camminare insieme.
Anche la nostra Quaresima è occasione per rinnovare il nostro cuore, per vivere, nella comunità, nello spirito fraterno proposto dal Vangelo. È dopo questo itinerario che si approda alla terra promessa il cui ingresso è garantito solo a coloro che avranno perseverato nella conversione, avranno faticato e costruito una famiglia, avranno condiviso concretamente i pesi gli uni degli altri.
«La Quaresima – dice il Papa – è il tempo di grazia in cui il deserto torna a essere – come annuncia il profeta Osea – il luogo del primo amore (cfr Os 2,16-17). Dio educa il suo popolo, perché esca dalle sue schiavitù e sperimenti il passaggio dalla morte alla vita. Come uno sposo ci attira nuovamente a sé e sussurra parole d’amore al nostro cuore».
La nostra terra promessa è la Pasqua. La nostra terra promessa è il Cristo Risorto. È lo Spirito di Cristo che spinge la Chiesa nel deserto, perché ascolti sempre più chiara e nitida, come tra innamorati, la voce dello Sposo, distinguendola nettamente da quella del maligno.
La preghiera Colletta del Mercoledì delle Ceneri ci invita a pregare così:
«O Dio, nostro Padre, concedi al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione, per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male».
La cenere sul capo, segno che la liturgia definisce austero, insieme al digiuno, sono un richiamo inequivocabile all’essenzialità, sono semi di un autentico rinnovamento, ci richiamano ad una possibile rinascita. Dobbiamo chinare la testa per cominciare la Quaresima, tutti. Se non riconosciamo il bisogno di perdono non potremo accedere ai tesori della grazia. La Quaresima è via di essenzialità, di uguaglianza, quindi di fratellanza. Siamo fratelli e sorelle nello spirito evangelico solo quando ci riconosciamo poveri, spogli di noi stessi e colmi dello spirito di Dio, dell’amore al prossimo.
Il cammino di conversione è un combattimento, una lotta. Per combattere occorre equipaggiarsi. Digiuno, preghiera, ascolto della Parola di Dio e carità, sono le nostre armi.
In questo periodo sicuramente non si mancherà di intensificare nella nostra diocesi la preghiera prolungata davanti all’Eucarestia, la lectio divina, le catechesi, la meditazione della passione del Signore mediante il pio esercizio della Via crucis. Ogni attività parrocchiale sia finalizzata al cammino di conversione e di cambiamento interiore.
Mi permetto di suggerire alla comunità cristiana, soprattutto ai miei Sacerdoti, l’importanza del sacramento della Riconciliazione e dell’ascolto individuale dei fedeli. Il Papa ritorna spesso sull’importanza di essere e sentirsi peccatori perdonati da Dio, per perdonare i fratelli con magnanimità, nello spirito del Signore. Contemporaneamente avvertiamo l’esigenza del cuore di metterci in ascolto, nel discernimento, sulle tante situazioni particolari, forse irregolari, dei fedeli che vivono nelle nostre comunità. Tanti cercano risposte al loro bisogno di amore e di comunità. Non saranno certo il web o altri mezzi di informazione a dare loro quello che desiderano, ovvero Cristo, ma dobbiamo permettere che le loro vite siano toccate dal Signore mediante il discernimento, i Sacramenti, la Parola di Dio e l’indispensabile accoglienza nella comunità. Tutto ciò non può avvenire solo con la divulgazione degli insegnamenti della Chiesa, ma ogni figlio o figlia ha bisogno di essere preso per mano e accompagnato.
Penso all’immenso tesoro, oltre che sacramentale, profondamente pedagogico che reca in sé il sacramento della Riconciliazione. Tale sacramento, a partire dai ragazzi, insegna l’importanza di chiedere perdono, di discernere cos’è bene e cos’è male, ci educa ad illuminare correttamente la nostra coscienza, ci allena ai buoni propositi e a come mantenerli, con l’aiuto della Misericordia, che mai si stanca di rimetterci in piedi. L’amicizia della Chiesa, sperimentata nel rapporto con il presbitero, gradualmente, ci insegna che non siamo né schiavi della colpa né del peccato, ma figli amati e benedetti del Padre.
Nel suo messaggio il Papa dice che gli israeliti nel loro esodo si allontanano fisicamente dall’Egitto, ma la voce del Faraone rimane presente nel loro cuore mediante l’influenza degli idoli. Come saper scegliere fra Dio e il potere, fra Dio e il denaro, fra Dio e l’egoismo? Impossibile se non siamo allenati ad esaminare la nostra coscienza, nello sguardo amorevole di Dio.
Così come nessuno è escluso dalla misericordia di Dio, nessuno si deve sottrarre al dovere di cambiare in meglio la sua esistenza, di lasciarsi plasmare dallo Spirito. La grande conversione sinodale (mi permetto di chiamarla così) che abbiamo messo ormai in cantiere è un’azione ecclesiale di ascolto fra noi e con il mondo perché possiamo sinceramente e senza ipocrisia essere vicini ai fratelli che hanno bisogno di noi. Perché, come direbbe l’apostolo Giacomo, la nostra fede sia attestata e annunciata dalle nostre opere (cfr Gc 2,14-26).
Sappiamo bene di vivere momenti complicati sotto ogni profilo, specie politico e sociale. Ma noi cristiani ripartiamo sempre dalla Riconciliazione, e questi quaranta giorni della Quaresima sono il tempo per eccellenza perché questa vivifichi la nostra vita. Non ci potrà mai essere una vera, duratura stabile riconciliazione sociale, politica tra gli uomini, i popoli, le nazioni, senza conversione del cuore. Come pure non c’è vera conversione del cuore che non generi una riconciliazione sociale e politica.
All’inizio di questo tempo faccio un augurio speciale alla Comunità diocesana e a ciascuno di voi: al termine della Quaresima ognuno possa sentire la gioia di essere salvato, si avverta sollevato dall’entusiasmo del Buon Pastore che gioioso ha ripreso sulle sue spalle la pecorella smarrita (cfr Lc 15, 1-7), si senta fra le mani emozionate di quella donna che ha ritrovato la sua moneta ed è felice (cfr Lc 15, 8-10). Venga stretto dalle braccia forti e pazienti del Padre che ci attende e ci aspetta da lontano, rivestendoci di ogni bene perduto (cfr Lc 15, 11-32). Diamo gioia al Signore lasciandoci amare con il suo perdono, riconciliamoci con Lui e fra di noi. E faremo festa. E sarà Pasqua.
+ Ciro Miniero
Arcivescovo Metropolita di Taranto